La presente “Mappa di qualità dei Beni” ha come obiettivo attenzionare e valorizzare i beni comuni tra Napoli Nord e Caserta Sud, favorendone la capacità attrattiva per aumentare coesione e benessere dei cittadini sul territorio.
Con quest’azione la Rete CSL intende inoltre rafforzare la cooperazione tra i Comuni e la stessa rete, come elemento chiave per coinvolgere altri enti pubblici e privati, in un’azione congiunta e coordinata per migliorare la qualità di vita dei cittadini, in termini di fruibilità e accessibilità alla vita
comunitaria.
La mappa segnala la presenza dei principali luoghi e beni storici, culturali, architettonici, ambientali e artistici del territorio, dividendoli in luoghi di interesse: valorizzati e fruibili (verde), da valorizzare (giallo) e degradati (rosso).
Patrimonio artistico-culturale

Grumo Nevano:
Basilica di San Tammaro Vescovo
Esistente sin dal 1132, la Basilica venne ricostruita alla fine de XVII secolo e terminata ne 1703.
Consacrata nel 1737. Dal 1982 è diventata basilica pontificia minore. Il campanile fu costruito tra il XVIII e XIX secolo. All’interno della basilica l’affresco del pittore Santolo Cirillo “Mose’ che fa scaturire acqua dalla roccia”. L’altare maggiore è sormontato da una tela di Paolo De Matteis
risalente al 1706.
Chiostro Chiesa Convento di Santa Caterina
Chiostro seicentesco attiguo alla Chiesa di Santa Caterina nel Convento dei Frati Minori circondato da arcate e da un angolo dove si trova una statua della Madonna di Lourdes. Nella Chiesa del convento, sull’altare maggiore spicca l’opera “L’Apoteosi di Santa Caterina” del pittore Luca Giordano.
Casa natale di Domenico Cirillo
Casa dove il 10 aprile 1739 nacque Domenico Cirillo, storico botanico e medico famoso in tutto il mondo per le sue opere pubblicate e apprezzate ancor oggi dai più grandi scienziati. Martire della Repubblica Partenopea del 1799.
Monumenti dedicati a Domenico Cirillo
Statua di bronzo presente in Piazza Cirillo eretta nel 1899 e opera dello scultore Enrico Mossuti appoggiata su base in travertino opera dell’ing. Francesco Cristiano. Busto marmoreo situato nella Casa comunale di via Amendola opera dello scultore Tito Angelini.
Palazzo baronale Principi di Montemiletto
Palazzo con forme architettoniche in stile liberty del tardo 800 inizio 900 posizionato di fronte alla Basilica di San Tammaro. All’interno un ampio giardino di circa 500 mq appartenente ai principi di Montemiletto oggi della famiglia Landolfo, stupenda location di eventi culturali e musicali.
Casandrino:
Santuario di Santa Maria Assunta in Cielo
La chiesa è menzionata in documenti del secolo XIV secolo, e nei secoli seguenti è stata soggetta a rifacimenti effettuati in da diversi artisti di cui risalta quello effettuato in epoca barocca tra la fine del’600 e l’inizio del ‘700. Essa è ricca di stucchi ornamentali e di volute di pregio. La facciata è disegnata secondo lo stile Settecentesco: nella parte inferiore oltre all’artistico portale si trovano due nicchie in cui sono poste le statue di S. Pietro e S. Paolo, mentre la parte superiore, che si assottiglia fino al timpano, reca un finto portale, quasi simmetrico a quello inferiore, ed una vetrata rettangolare che irradia luce all’interno. L’intero edificio è arricchito e completato da un campanile la cui costruzione fu terminata nel 1769.
In essa è conservata la statua cinquecentesca della Madonna Assunta detta la Madonna di Casandrino, di grande pregio artistico.
La cappella di S. Nicola
Costruita nel XVII secolo, con lastre tombali artistiche e pitture antiche a Casandrino.
Monumento artistico alla memoria dei Caduti
Presente nella piazza principale di Casandrino.
Frattamaggiore:
Basilica di Pontificia di S. Sossio L. e M.
La Basilica è una struttura di tipo romanico-durazziana (fine sec. XIV) con cripta adibita a Museo Sansossiano nella quale sono conservati i resti marmorei e artistici degli altari del Rosario e del Crocifisso, scampati all’incendio dell’anno 1945 . Nella basilica vi è il cappellone di S. Sossio e S.
Severino dove sono conservati i resti dei SS. Sossio e Severino: esso è meta di turismo internazionale, essendo S. Severino patrono dell’Austria. Il campanile fu costruito nel XVI secolo.
All’interno della basilica vi è all’abside il grande mosaico di scuola vaticano raffigurante la Madonna degli Angeli, e i santi Giuliana, Sossio, Giovanni Battista e Nicola, a Frattamaggiore.
Museo Sansossiano adiacente alla Basilica
Pinacoteca sacra, ricca di opere d’arte e di sculture e di paramenti sacri dei secoli passati; archivio parrocchiale a partire dal XVI secolo, cripta museale.
Torre campanaria
Del XVIII secolo alla cui base vi è una scultura di un leone di stampo borbonico con lapidi e sulla sommità vi è l’orologio civico, a Frattamaggiore.
Santuario dell’Immacolata Concezione
Di metà sec. XIX con altare in marmo e legni intarsiati di
grande valore artistico, a Frattamaggiore.
Palazzo settecentesco con torre colombaia
Ambienti interni decorati; ha un ampio giardino
interno, a Frattamaggiore.
Chiesa parrocchiale di M. SS. Annunziata e di Sant’Antonio
(sec. XVII) Con la cappella di S. Michele Arcangelo fatta costruire dal maestro Francesco Durante, costruita nel XVII secolo con splendido altare e statue artistiche opere del XVII secolo (S. Giuliana), del XVIII secolo (S. Michele, S. Antonio Abate, del XIX secolo (Maria SS. Annunziata); in essa vi è l’altare in marmo settecentesco di S. Michele Arcangelo fatto costruire dal maestro Francesco Durante, a Frattamaggiore.
Statua di Francesco Durante
Al corso Durante, in bronzo, fatta dall’artista Parlato nel 1930
raffigurante il grande maestro della scuola napoletana, a Frattamaggiore.
Chiesa Parrocchiale di San Rocco
Di inizio XX secolo, con morfologia architettonica simil Pantheon
con una maestosa cupola e con statua seicentesca di S. Rocco e dipinti di artisti del primo novecento, a Frattamaggiore.
Chiesetta di S. Maria delle Grazie
Del secolo XVII, restaurata nel sec. XIX: porte artistiche in legno
del sec. XVII raffiguranti le anime del purgatorio, a Frattamaggiore.
Archeologia industriale (Sasa, Mec Dab e Consorzio)
In cui nel sec. XIX e nel sec XX si espresse l’imprenditoria frattese tessile e canapiera, a Frattamaggiore.
Ponte pedonale
Esempio di ponte in cemento armato degli anni 20 del secolo XX, dal punto di vista ingegneristico ed architettonico rilevante.
Villetta comunale
Con l'anfiteatro.
Frattaminore:
Parrocchia di San Simeone Profeta
A Frattaminore. Ha un affresco - si dice attuato ai tempi delle
Crociate - ove è raffigurato Papa Lidebrando (Gregorio VII 1073 - 1085). Dal 1592 è nota l’esistenza della Cappella del SS. Rosario. La Statua di San Simeone, protettore della Parrocchia, risale al 1648.
La funzione annuale del 2 febbraio, prima in chiesa e poi estesa fuori, ebbe inizio il 1713. Il Campanile a 4 piani con cupolino risale agli anni Trenta del Novecento.
Il palazzo ducale Carafa-De Rosa
Di Frattaminore. Al piano terra vi è la cappella del palazzo il cui
altare fu spostato nell'attuale Cappella dell'Annunziata in piazza Crispi. Dell'epoca esiste, in piazza Crispi, una tenuta estiva, rifacimento di un probabile castello medioevale del quale è visibile ancora una torre, su via Liguori, oramai inglobata nel palazzo ducale, ed un bastione di torre nel lato nord del palazzo, sulla discesa per la grotta. Attualmente esiste ancora parzialmente il fossato ai due lati del palazzo.
Sant’Arpino:
Palazzo Ducale
Costruito tra il 1573 ed il 1592 dal tesoriere del regno di Napoli,
Alonzo Sanchez de Luna d’Aragona, poi duca di Sant’Arpino.
Pinacoteca Comunale d’Arte Contemporanea “Massimo Stanzione”
Ospitata nell’antico palazzo tardo cinquecentesco dei Sanchez De Luna d’Aragona in Sant’Arpino, è un vitale luogo di implementazione di un un preciso progetto culturale formulato in seno alla “Pro Loco”.
Chiesa S. Elpidio V.
Ubicata in Piazza Umberto I a Sant’Arpino, fronteggia il Palazzo Ducale. La sua
costruzione fu voluta da Alonzo III Sanchez de Luna, con 11 altari e uno maggiore, con splendida balaustra in marmo policromo di stile barocco. Di rilievo: statua lignea di S. Francesco di Paola;
statua lignea di S. Maria di Atella; statua lignea di S. Elpidio Vescovo; organo meccanico ottocentesco (opera del Criscuolo). Nell’altare del Buon Consiglio, costruito dai Sanchez de Luna, riposano i corpi dei Santi Prospero e Costanzo ivi traslati da Gennaro Sanchez de Luna.
Domitorio S. Canione V.
A Sant’Arpino, antico edificio religioso di difficile datazione, è considerato
un oratorio paleocristiano di epoca atellana. Dedicato al Santo di origine pirenaica (292 d.C. circa), sembra essere stato anche la sua tomba fino alla data della traslazione del corpo in Aderenza (779 d.C.). All’interno pregevole statua lignea di S. Canione risalente al sec. XVI.
Chiesa San Francesco di Paola
A Sant’Arpino, parte del complesso monasteriale racchiuso dal 1825,
nel recinto cimiteriale situato fuori dall’abitato di S. Arpino, nella località Maddalena. Fatta costruire con l’annesso convento sul finire del 1500 da Alonzo III Sanchez de Luna, sui resti di un’antico edificio religioso (probabilmente un tempio romano), fu affidata dal 1593 ai padri Minimi
di S. Francesco di Paola, che vi abitarono fino alla soppressione del monastero (1799). Ha una facciata che ricorda lo stile “spagnoleggiante” delle colonie con due minuscoli campanili.
Castellone
Rudere archeologico in «opus reticolatum» sito in Sant’Arpino, è l’unica testimonianza emersa dell’antica Atella. E’ considerato, da alcuni, risalente al sec. II d.C., parte di edificio termale o parte di torre difensiva di epoca medioevale. È l’emblema dell’agro atellano.
Antico Centro storico del comune
Antico Centro storico del comune di Sant’Arpino.
Cardito:
Bar Trionfo
Il bar trionfo di Cardito ha una storia molto antica. Ci è stato raccontato da Antonio Di Micco, l'attuale proprietario, che prima del bar vi era la barberia di Ernesto Romano, il fratello del Baronetto, che successivamente fu spostato per l’esigenza del fratello di aprire un bar. Vincenzo Romano, detto il Baronetto, possedeva insieme al socio un bar nei pressi del comune e una macchina da noleggiare agli sposi. Veniva chiamato il Baronetto per il suo modo elegante di vestire e per la sua vita fatta di frivolezze e divertimento.
Successivamente il Baronetto e il socio si divisero e lui aprì l’attuale bar Trionfo, che allora era denominato Bar del Barone.
Il palazzo del bar è un palazzo centenario, costruito successivamente al Palazzo Mastrilli, i due erano collegati da una grotta che in seguito ai lavori di restauro è stata chiusa, a testimonianza della sua età è presente un affresco di San Biagio risalente circa al 1890.
Fonte: Antonio Di Micco, attuale proprietario del Bar.
Cappella Raucci
Questa meravigliosa Cappella, edificata nel 1651 è di proprietà della famiglia Raucci. Prima del 1651, fu costruito il palazzo in cui risiede oggi la cappella, inizialmente vi era solo un lato di essa mentre l'altro lato è stato terminato nella metà del 1800 circa.
Venne progettata per far in modo che tutte le persone che abitassero in quella zona potessero andare in chiesa perché l'unica chiesa al tempo presente era quella di San Biagio.
A terra, al centro di essa, vi è posta una lastra datata 1770, sul lato sinistro della cappella, poco prima dell'altare vi è la traduzione dal latino all'italiano della lastra che recita così:
"Giuseppe Amodio Napolitano, uomo carissimo ai suoi fedeli alla quale per la benefica area carditese, guarendo da una grave malattia, in segno di amore verso Dio e il protettore del luogo San Biagio, per i benevoli abitanti, per gratitudine all'ampia e ornata chiesa (riferendosi al Santuario San Biagio) aggiunse un'altra chiesa con questo depositorio (facendo riferimento alla tomba di Giuseppe Amodio, dove vi è posta sulla lastra). Costruito affinché la chiesa potesse portare le spoglie immortali al figlio di Giuseppe Amodio e che visse 64 anni, 4 mesi e 7 giorni."
Amodio ebbe una grave malattia alla gola (San Biagio è infatti il santo patrono delle malattie alla gola) e come tributo edificò questa chiesa per permettere a tutti i cittadini di partecipare alle funzioni religiose.
Costruì, inoltre, la tomba dove è stato poi sepolto. Egli è stata l'unica persona sepolta lì perché successivamente, dopo l'editto di Saint-Cloud di Napoleone, venne vietata la sepoltura nelle chiese a meno che non fossero pontefici o alti esponenti della chiesa cristiana.
Se alzate il vostro sguardo verso l'altare, noterete un affresco del quale non si conosce l'autore ma lascia a bocca aperta per la sua particolarità. L’affresco presenta degli oggetti in rilievo come la corona, il cuore e l'orecchino e rappresenta la Madonna Addolorata, a cui d'altronde, è dedicata la chiesa.
Questa cappella è un altare privilegiato quotidiano, ovvero, una piccola chiesa annessa ad un palazzo privato che però ha avuto la dispensa da parte del vescovo di poter celebrare la santa messa.
Tutte le domeniche, tutte le festività dell' anno e soprattutto nel mese di maggio, i fedeli potevano accedere alla cappella. Attualmente, questo non è più possibile a causa del COVID.
Fonte: Andreina Raucci, attuale proprietaria della Cappella.
Chiesa di San Giuseppe e Santa Eufemia
Santa Eufemia nacque in Calcedonia nell'anno 288. Fin dai più teneri anni si consacrò al Signore con voto di verginità. Di famiglia benestante, ella a quindici anni rifiutò le nozze col Proconsole Prisco. Questi, saputo che Eufemia si era votata al cristianesimo, condannò la giovane a morte. Dapprima tra le bestie feroci, le quali nel momento dello strazio, non toccarono né le sue vesti né la sua carne e poi fu condannata al martirio e alla decapitazione. Le sue spoglie incorrotte riposano a Rovigno D'Istria.
Nell'anno 1852 il Cardinale De Luca, allora Vescovo di Aversa, ottenne un suolo edificabile, situato a Carditello gratuitamente dalla Duchessa Donna Maria Santobuono, Principessa di Cardito. Nel 1873 Monsignor Domenico Zelo, con una bolla Pontificia, fondò e istituì la parrocchia, sotto il titolo di San Giuseppe e Santa Eufemia. Nel 1884 fu istituita una Società di Mutuo Soccorso e si pensò di completare la costruzione della parrocchia.
Per il completamento di quest’ultima passarono parecchi anni, infatti, nell'anno 1893 si doveva completare ancora la balaustra e altri arredi. Sulla facciata esterna della Chiesa, sopra la porta centrale vi è una cornice semiovale e in essa vi sono due pannelli in gesso. Nel pannello a destra è raffigurato San Giuseppe e quello a sinistra, Santa Eufemia.
Sempre sotto la facciata esterna, si nota una lapide rettangolare in marmo con incisione di lettere in latino, si legge:
TEMPLUM DIVINUS IOSEPHO ET EUPHEMIAE DICATUM INSTAURATUM FUIT A.D. MCMXII
Parr. CIMMINO
Da ciò, si può dedurre che la Chiesa fu completata dalla balaustra, conseguentemente fu intonacata la facciata centrale esterna e divenuta parrocchia, Don Crescenzo Cimmino fece deporre la lapide ricordo proprio in quello stesso anno.
FONTE: Domenico Crispino, Cardito ricorda, e canti, editore Domenico Crispino, 2014.
Chiesa di San Biagio e Presepe
Nel XV secolo, di fronte al castello, per volontà degli antenati del Principe Loffredo, fu costruita la bella chiesa dedicata a San Biagio. I materiali utilizzati per la costruzione furono messi a disposizione dallo stesso principe e furono prelevati dalla vicina cava di tufo, detta "taglia" attualmente denominato "Parco Cardito". Nel 1815 quando Ferdinando IV tornò sul trono di Napoli, fece edificare la basilica di San Francesco di Paola di fronte al palazzo reale, sul luogo dell’ormai abbattuta chiesa di San Luigi dei francesi.
I reperti, anche preziosi, derivanti dall'antica struttura furono distribuiti tra varie chiese di Napoli. Il nostro Principe, avvalendosi dell'importante ruolo ricoperto a corte, fece trasportare a Cardito molte opere che hanno impreziosito la nostra chiesa come: le quattro colonne che ora sorreggono l'antico organo sul fondo della chiesa, tutti gli altari laterali policromi e di ottima fattura, alcune tele, le acquasantiere del 500 poste all'entrata della chiesa e le quattro statue che occupano le nicchie sulla facciata.
Le quattro statue, che alcuni esperti d'arte dicono risalenti al periodo Angioino, rappresentano la Fede, la Speranza, la Carità e la Provvidenza. Il Principe era molto legato alla nostra parrocchia, tanto che, nel 1823 ripavimentò tutto l'edificio a sue spese. La cappella è strutturata proprio come una piccola chiesa, con una cupola non molto grande che ospita i quattro affreschi al centro della volta raffiguranti quattro momenti della vita del Santo nella sua terra d'origine, Sebaste.
Gli affreschi della vita sono del maestro Luigi Taglialatela e furono commissionati dal parroco don Giuseppe Fusco. La parrocchia, divenuta Santuario di San Biagio, risulta essere ricca di opere che raffigurano la grandezza, la testimonianza di fede e Santità del Vescovo di Sebaste. L'opera più importante è sicuramente la grande tela posta sull'altare maggiore che raffigura San Biagio vestito degli abiti vescovili. Nella tela si osserva il Vescovo circondato da una folla di fedeli in attesa di grazie da parte del Santo. Il dipinto, ricco di figure, tra cui due angeli posti alla sommità, da tradizione è attribuito a Luca Giordano, uno dei grandi maestri della scuola napoletana. In alto, si trova un ampio spazio triangolare in cui si poteva ammirare un affresco raffigurante il miracolo di San Biagio, quest’ultimo che salva un bambino cui una lisca di pesce gli stava provocando un soffocamento. Purtroppo, il tempo aveva sbiadito i colori del dipinto rendendolo irriconoscibile, così, il parroco Trappolieri commissionò all'artista locale, Biagio Cerbone, un nuovo affresco, sempre in quello stesso triangolo raffigurante una scena con San Biagio.
Nel 2008 con i lavori di rifacimento della facciata esterna il parroco, don Nicola Mazzella, ha sostituito all'affresco un mosaico di maioliche "vietresi" raffiguranti lo stesso miracolo. La volta dell'altare maggiore è affrescata da una raffigurazione della gloria di San Biagio. Vi è raffigurata la Trinità, con lo Spirito Santo simboleggiato da una colomba, con al centro la figura del Santo attorniato da un gruppo di angioletti che lo festeggiano, mentre due angeli gli consegnano rispettivamente la corona del martirio e il pastorale. Gli affreschi della cupola furono curati dal maestro Luigi Taglialatela di Giugliano raffiguranti scene della vita del Santo.
PRESEPE
Il presepe S. Biagio, voluto fortemente dal parroco don Nicola Mazzella, di ispirazione settecentesca, costruito tra il 2006 e il 2008 dal maestro Domenico Di Palo e dal prof. Gennaro D’Ambrosio, è stato inaugurato il 7 dicembre 2008 da sua Eccellenza il vescovo di Aversa Mons. Mario Milano. Si estende su una superficie di circa 20 mq ed è costituito dalle canoniche cinque scene principali con altre sotto-scene e accoglie una novantina di pastori con molte minuterie e finimenti. L'opera è immersa in un cielo d'alba che avvolge il presepe dando la sensazione dello spazio infinito.
Municipio di Cardito
L’attuale via Cesare Battisti, all’epoca via Ducenta, veniva indicata come “la strada dell’orologio”.
Nel XIX secolo, ci fu un notevole aumento della popolazione ed un rilevante sviluppo cittadino. Fu così stabilito di edificare, al posto del vecchio casamento, una nuova casa comunale, affidando i lavori a maestranze locali dirette dal maestro Filippo Battaglia.
Fu così costruito il Municipio, al tempo un gioiellino di architettura, ma solo nel 1892 l’edificio fu impreziosito da un’opera d’arte della tecnica. Sulla torre venne installato un orologio. Scandiva armonicamente il tempo ogni quarto d’ora.
Per poter funzionare perfettamente, gli ingranaggi dovevano essere oleati ogni giorno, quindi venne affidato ad un incaricato il compito di fornire all’orologio una pipetta di vaselina.
Per un secolo le abitudini non cambiarono, sempre preciso, tanto che, all’epoca, quando si voleva far riferimento a qualcosa di preciso, veniva detto “pare l’orologio e’ Cardito!”
Nel XX secolo, ormai centenario, l’orologio avvertì delle pause fino a fermarsi del tutto. Il nostro paese, tanto affezionato al suo suono, chiese la riattivazione dell’orologio, anche in consiglio comunale.
Si discusse su come andasse riparato e vennero avanzate due ipotesi. La prima fu quella di sostituire gli antichi ingranaggi con un meccanismo elettronico; la seconda fu quella di tentare d’aggiustare il complesso meccanico esistente, rinnovando i pezzi. Prevalse in consiglio quest’ultima ipotesi. Successivamente venne invitato in paese il mastro-artigiano Salvatore Ricci, responsabile del Museo di Orologi dei Cavoti (BN), che alla vista del raro meccanismo dell’orologio ne rimase sbalordito tanto da chiedere se fosse possibile portarlo nel suo museo e ne avrebbe provveduto alla sostituzione con un nuovo importante orologio. Quest’ultimo riprese la sua funzione nel 1983.
Citando il libro “Raccontare Cardito”. Una generazione narra all’altra di Biagio Fusco:
“Una dolce sera di giugno, ero al Comune, ed i rintocchi ritmici dell’orologio, aggiustato, segnavano il trascorrere del tempo. Eppure pensai: “questi rintocchi hanno sempre accompagnato le attività nel nostro paese, l’hanno sentiti i nostri nonni, i nostri genitori”. Mi soffermai a rievocare, in silenzio, anche i ricordi della mia infanzia: le persone che avevo conosciuto, i lavori che svolgevano i vari artigiani, le abitudini di vita del periodo postbellico – mi sembrava riviverli -, e, come per non dimenticare, iniziai a fermare su un foglio l’emozione del momento...”.
Questo fu il pretesto che lo indusse a scrivere la poesia “L’orologio e’ Cardito”, che si può trovare a pagina 56 del suo libro.
FONTI: Fusco Biagio, “Raccontare Cardito”. Una generazione narra l’altra, Con il patrocinio morale del Comune di Cardito. In Copertina: disegno di Fabio Esposito (1999)
Orfanotrofio Loffredo
Cardito era feudo della Signora Bianca Latro; quando, nel 1302, questa viene a morire, l’investitura del Casale di Cardito è concessa al cavaliere Napoletano Berardo Caracciolo, cortigiano del Re e successivamente dei Loffredo.
Cardito è stata posseduta, per secoli, col titolo di Principe, dalla famiglia Loffredo, acquistando Cardito l’11 Giugno 1529.
Di nobile stirpe, Lodovico Loffredo fù il sesto ed ultimo principe di Cardito. La famiglia dei principi di Cardito rappresenta una delle sostenitrici della dinastia dei Borbone. Successivamente lo stesso si ritirò dalla vita pubblica dedicandosi alle scienze e al suo feudo. Fu proprio grazie al principe Lodovico Venceslao Loffredo che venne aperta agli studenti la biblioteca universitaria, oltre che l’istituzione della cattedra all’università di chimica.
Il principe fù un grande sostenitore delle classi più deboli, quali gli orfani, per i quali aprì due orfanotrofi: uno a Cardito e l’altro a Monteforte. Tra i suoi progetti c’era anche la costruzione di un ricovero per le donne nobili il cui nome era decaduto a seguito delle vicende politiche. Tale struttura, però, non fu mai aperta perché il finanziamento per tale progetto era ritenuto troppo costoso dalla sua erede. Lodovico fece ripristinare anche un’antica cisterna d’epoca romana, conosciuta ancora oggi con il nome di Piscina Cardito. Morì nel 1987 nella sua residenza preferita: la Villa di Pozzuoli.
In merito a quanto citato sull'orfanotrofio costruito da Lodovico Loffredo, la struttura fù all’inizio utilizzata come ricovero per "Giovane Donzelle Abbandonate”, successivamente, a partire dal 1842, divenne orfanotrofio di Cardito, un luogo di riferimento per molti orfani e trovatelli. L’istituto aveva il compito di contribuire alla formazione delle persone che hanno trascorso gli anni più delicati della loro vita. Prevedeva l’istruzione letteraria religiosa e tecnica, oltre all’insegnamento della lingua italiana, di geografia, storia e religione, prevedeva anche l’apprendimento di un'arte o di un mestiere, come quello di sarto, calzolaio, falegname o fabbro.
Gli alunni più volenterosi si dedicavano allo studio della musica per imparare a suonare uno strumento musicale. Una volta usciti dall’istituto avevano delle buone probabilità di un rapido inserimento nel mondo del lavoro, è stato un luogo dove si sono formate generazioni che hanno costruito il futuro della società in cui viviamo.
Con il trascorrere degli anni, l'orfanotrofio non effettuò più attività educative e religiose, fu dato in fitto al Comune di Cardito.
FONTI: Capasso Gaetano, Cardito ieri e oggi, ed. Rassegna Storica dei Comuni, 1969.
Chiesa S. Antonio e Madonna delle Grazie
Le origini di questa chiesa non sono ben definite ma la possiamo collocare nel periodo paleocristiano.
Dopo il 313, iniziarono a nascere chiese come quelle di Carditello, di Campiglione, di Pascarola e di Casolla, alla pari di quella di san Giovanni in Nulleto, successivamente indicata come di S. Antonio e Madonna delle Grazie.
Essa dovette essere “l’ecclesia” di un insediamento molto antico che ebbe nome di Nolito o Nulleto, ancora fiorente nell'800 d.C.
Nel corso dei secoli, qui sono fiorite varie devozioni; alla Madonna è dedicato un bell'affresco (che un competente volle definire "rinascimentale") ed una statua che simboleggia la «Mater Divinae gratiae», la mamma della divina grazia.
L'affresco, anonimo, venne ritoccato da Francesco Caso. Alla chiesa venne affiancata, dalla metà del secolo scorso, anche una congrega, che, per prima, volle essere un ipogeo per i confratelli nel neocimitero. Su queste strutture verrà, successivamente, costruita la cappella-madre comunale.
Quando nel 1561, si creò la parrocchia anche a Cardito (che fino ad allora dipendeva da Caivano), questa prese a funzionare nella chiesa della Madonna delle Grazie.
Tale parrocchia venne voluta dalla famiglia Loffredo, la quale mise a disposizione, per la sua costruzione, una ricca cava di tufo, detta “La Taglia”. La Chiesa venne poi arricchita di ben tre congreghe, che ebbero sede in altre Chiese ad essa adiacenti.
Dopo il 1580, il principe Loffredo, feudatario del luogo, volle costruire una bella chiesa: una nuova parrocchia dedicata a san Biagio.
A metà '800, organizzò una confraternita, con una cappella-ipogeo nel locale camposanto.
FONTI:
Capasso Gaetano, Cardito ieri e oggi, ed. Rassegna Storica dei Comuni, 1969.
Biagio Fusco, Raccontare Cardito. Una generazione narra all'altra, con il patrocinio morale del Comune di Cardito.
Palazzo Mastrilli
Notizie sulla fondazione del Castello non sono in nostro possesso, sappiamo però, che il re Carlo I° concesse, nel 1302, l'investitura del casale di Cardito. Il re Ferdinando I°, nel 1474, per necessità di cassa, mise in vendita il Casale che fu acquistato da Jacobutio de Alessandro per la somma di 5000 ducati.
Nel 1533, Sigismondo Loffredo, acquistò il feudo di Monteforte e nel 1538, il Feudo di Cardito. Il castello, nel 1600, era veramente splendido, ciò si evince dalla descrizione dell'abate Giovan Battista Pacichelli, che per incarico del re visitò l'intero Regno.
Visitando Cardito restò affascinato dalla ricchezza del castello e dal suo splendido giardino. Il Castello è a metà strada tra Napoli e Caserta, infatti, il re di Napoli, quando si recava alla Reggia di Caserta, vi sostava talvolta per riposare. Le strade polverose erano sconnesse per buche e pozzanghere: effettuare trasferimenti in carrozza, anche se reale, non era esente da fastidi e difficoltà e la sosta a metà strada risultava necessaria e gradita. Le visite reali e dei dignitari di Corte resero indispensabili lavori di manutenzione, per rendere il luogo degno di tali accoglienze. Il Principe Nicola Maria, nel 1761, realizzò un intervento completo di restauro, ridonando nuovo decoro alla struttura, nell'ultimo periodo alquanto trascurata. È ancora visibile l'iscrizione in latino su marmo, affissa all'interno del cortile, che ricorda la data dei lavori:
"Questo castello (arcem) una volta delizia degli antenati perché (utpote) abbellito (excultam) da statue, fontane e fiori e non da armi, reso fatiscente (destructam) dalla trascuratezza (oblivione) più che dalla vetustà, Nicola M. Loffredo, Principe di Cardito, a proprie spese (aere) ornò e restituì al nostro tempo (Aevo), Anno 1761."
Il castello, munito di quattro torri agli angoli, era circondato da un fossato verso la strada e lateralmente e dietro adornato dall'ampio giardino. Al piano terra vennero aggiustate le carceri, fu scavata una nuova grotta sotto il piano della strada, dotata di 40 grossi fusti di vino per il commercio di essi. Fu ripresa anche l'antica cappella, che era nel castello al primo piano entrando dalla scala a destra. La cappella aveva sull'altare una tela di Salvator Rosa raffigurante La Madonna Addolorata, che fu tolta negli anni Settanta del XX secolo. L'altare era sorretto da un delfino di marmo rinascimentale, che purtroppo è andato perduto durante gli ultimi lavori di restauro del castello nel primo decennio del XXI secolo.
Al fondo della cappella, a metà parete ancora visibile, c'è il palchetto al quale accedeva il Principe dal suo appartamento per assistere alle celebrazioni religiose. In paese, pochissime persone ne conoscevano l'esistenza. Dopo gli ultimi lavori di restauro del castello, è stata adattata ad uso diverso ed ospita la biblioteca comunale.
Il principe Nicola Maria venne a mancare nel 1767. Il figlio Ludovico gradiva trascorrere lunghi periodi nel castello, che lui definiva la sua casa di campagna. Dopo la morte del principe, che non ebbe eredi, il Castello passò in altre mani.
Nel 1860 il castello era ancora circondato, ai lati e davanti, dal fossato che solo dopo il 1866 fu riempito, quando l'ente Provincia progettò e realizzò la strada che congiungeva l'attuale via Roma con piazza Madonna delle Grazie, passando avanti al castello. Il ricordo dell'ampio fossato era ancora vivo agli inizi del XX secolo infatti, le persone più anziane quando dovevano recarsi nell'attuale piazza, usavano ancora dire: "jamm, e a fussat'a".
Negli anni Novanta del XX Secolo il Comune di Cardito acquistò il castello da un ordine religioso che l'aveva ottenuto in dono testamentale dal Marchese Mastrilli Della Schiava Luigi, ultimo proprietario abitante. Nel 2001, fu aggiudicata la gara di appalto che dette inizio ai lavori di ristrutturazione.
Ora il Palazzo Mastrilli è sede di uffici comunali, biblioteca e sala consiliare.
FONTE: Fusco Biagio, Il principe di Cardito Ludovico Venceslao
Parco Taglia
Fin dai primi del ‘500, i Loffredo hanno sfruttato la “Taglia” per ricavarne pietre di tufo, pozzolana e lapillo, essi disponevano di una squadra di operai esperti che erano al servizio fisso del principe e che avevano casa in un cortile , il palazzo della “Taglia” ,di proprietà del principe e che confinava con il boschetto del Castello nei pressi dell’attuale “Vico giardino”. Nel 1580, il principe Loffredo ordinò di costruire, proprio di fronte al suo Castello principesco, in piazza Garibaldi, una Chiesa dedicata al culto di San Biagio, Patrono di Cardito, e per l’occasione mise a disposizione la sua cava millenaria per ricavarne materiali occorrenti per la sua costruzione. I terreni circostanti la cava, erano messi a disposizione dei contadini che vi seminavano ortaggi di ogni genere, v’era anche il diritto di lava, che concedeva agli agricoltori, la possibilità di utilizzare le acque di scarico dell’epoca che giungevano nel sito dalla zona di Napoli alta e che venivano spartite dagli stessi per irrigare le loro terre. Nella stessa area, durante il ‘700 – ‘800, la “Taglia”, dove vegetavano grossi alberi di gelsi, forniva la cosiddetta “foglia” per i bachi e appropriarsi di quella costituiva un reato. Dopo secoli di sfruttamento delle sue risorse la cava fu abbandonata, le acque provenienti da Napoli lentamente finirono per colmarla trasformandola in un “mare morto” maleodorante e pericoloso per la salute. I proprietari terrieri e i fittuari, a voce alta, si lamentarono della condizione in cui versava la “Taglia” e della minaccia di alluvione che essa poteva provocare sulle loro terre coltivate per colpa delle acque provenienti dal capoluogo partenopeo.
In risposta, il Comune di Napoli pensò di acquistare i terreni circostanti e ne vietò la messa a coltura con l’intento di poter continuare a sversare le sue acque reflue nella “Taglia”, ma dopo una attenta considerazione delle condizioni critiche in cui versava l’intera area e dopo una grossa vertenza giudiziaria, esso finì col cedere, anche a seguito di una disastrosa inondazione nel 1969. L’intera area passò sotto la tutela del Comune di Cardito con l’intento di quest’ultimo di bonificarla e trasformarla in una grande area di verde pubblico attrezzato, in un centro di aggregazione dove sarebbe stato possibile incontrarsi, fare ed assistere ad eventi sportivi, culturali ed altro, non solo per i cittadini di Cardito, ma per l’intera area dei Comuni a nord di Napoli.
Chiesa Sacro Cuore Eucaristico
La Parrocchia sorse nel 1930 per volontà di Monsignor C. Cesarano. Per mancanza di fondi si adibì a chiesa un locale di tre bassi comunicanti, dell’estensione complessiva di 90 metri. I locali erano comunque insufficienti allo svolgimento delle sacre funzioni. Lo stesso Monsignor Cesarano volle intitolare la nascente Parrocchia al S.Cuore Eucaristico. L’edificio provvisorio fu aperto al culto, soprattutto per combattere i protestanti che all’epoca dilagavano nella zona. Nel 1955 si ottenne finalmente la sede definitiva. Essa è di forma ottagonale, con altare al centro e sei cappelle ai lati., il presbiterio comprende un altare di grande valore, costruito con pregiati marmi e dotato di una pala raffigurante Gesù Consacratore. Il pavimento è stato ristrutturato in marmo e la facciata, sulla parte alta è stata arricchita da una raggiera incastonata nel rosone, simbolo eucaristico della chiesa stessa. La chiesa è separata dalla strada da una piazzetta chiusa da un cancello, mentre si può notare anche un campanile alto 18 metri.
Villa Rodomonte Chiacchio
Nel 7 gennaio del 1999, Rodomonte Chiacchio, diciottenne all'epoca, fu coinvolto in una rapina ed ucciso dai rapinatori che cercarono di rubargli il telefono in suo possesso. Rodomonte Chiacchio è vittima innocente della criminalità che imperversa nelle nostre zone.
Ma non è stato sempre così!
La Villa è stata per anni l'unico polmone verde del nostro paese, dapprima che nascesse il noto Parco Taglia. Anticamente fu il parco nobiliare che ricopriva la zona della Masseria e che contornava il palazzo abitato all'epoca dai Caracciolo di Napoli.
La nostra Villa ha ospitato, inoltre, scene cinematografiche. Successivamente venne dotata di un’ampia pista di pattinaggio e di un campo di bocce. È stata co-protagonista di manifestazioni culturali di varia natura, persino in campo politico.
“Mimì a bursetta”, vero capopolo appartenente alla sinistra politica, organizzò per anni, anche in completa autonomia, feste dal sapore campanilistico e popolare, molto partecipate dal pubblico, che prevedevano inoltre la distribuzione e la vendita di cibi nostrani. Con lui, la Villa vide esposizioni di opere d’arte di pittori giovani e moderni, esibizioni teatrali e musicali. Per un periodo, al centro di essa, fu posizionato un busto del grande attore napoletano Massimo Troisi.
Purtroppo, arrivarono dei momenti bui per la Villa; cadde in totale stato di abbandono dalle istituzioni. Divenne luogo noto per spaccio di droga e con la Questura fu deciso di rimuovere le inferriate che circondavano lo spazio verde, di modo che fosse più facile all’operatore di polizia acciuffare lo spacciatore di turno. Il degrado continuò nel tempo, con ulteriori atti vandalici allo spazio pubblico, come alle giostre o alla pista di pattinaggio, adibita nel periodo estivo come pista per balli di liscio e mazurca.
Il Comune mise a disposizione una somma davvero piccola per risolvere tutte le problematiche che affliggevano l'area. La pavimentazione è tuttora dissestata, soprattutto quella della pista di pattinaggio. La manutenzione era discontinua e nessuno era mai di guardia, nonostante si conoscessero bene le disfunzionalità della Villa.
Nonostante la situazione in cui si trovò la villa, senza un proprietario ed in un vero stato di abbandono, non mancarono iniziative partite dal basso, cioè dalla comunità locale ed in particolar modo dai ragazzi del liceo artistico, per provare ad abbellire il territorio con un proprio contributo. Tra questi ci furono i murales realizzati dai ragazzi del liceo artistico di Cardito, Emilio Sereni, nati da un progetto di alternanza scuola-lavoro fatto durante il 2016 e 2017.
Vennero coinvolti i ragazzi dell’indirizzo di arti figurative, con l’aiuto del Comune di Cardito che procurò il materiale. Il lavoro venne fatto con la tecnica dello stencil con lo scopo di rappresentare tutti gli sport. Per abbinare la velocità di esecuzione al risultato, ispirandosi alla Street Art, vennero fatti dei bozzetti in classe; una volta selezionati i migliori, vennero riportati in digitale e stampati in grande. Infine, con la tecnica dello spolvero, vennero riportati sulla parete.
Tutto il progetto durò due settimane e venne fatto nelle ore curricolari.
Negli ultimi anni è stata affidata al Nucleo Guardia Ambiente di Cardito, che impiega tutte le sue energie per mantenerla pulita. Il sito adibito a sede del NGA vuole rappresentare una presenza, un occhio vigile a ciò che succede nella zona e, perché no, animarla con iniziative e manifestazioni.
FONTE: Biagio Fusco, Raccontare Cardito. Una generazione narra all'altra, con il patrocinio morale del Comune di Cardito. In Copertina: disegno di Fabio Esposito (1999)
Villaggio di Nollito
Il villaggio di Nullito era già abitato nel periodo della dominazione romana, ma il primo documento che ne attesta la presenza è dell'820 D.C., ed è un atto di acquisto fatto a Marano da un abitante di Nullito.
Grazie alle donazioni di alcune proprietà, tra cui anche il Villaggio di Nullito, al Monastero di San Lorenzo di Aversa da parte del ricco feudatario aversano, principe di Capua, Rainaldo Musca, nel documento appare per la prima volta il termine Carditum.
La cartina topografica del XI secolo è la prova che Carditum era presente prima dell'anno mille. Erano due casali, Carditum e Milleti, attraversati dal Fiume Clanio. Abitati prevalentemente da agricoltori, si contavano poche centinaia di abitanti. Dopo l'edificazione del castello e di una chiesa dedicata a S. Biagio ubicata nella stessa zona nella quale sorgerà, nel XV secolo, l'attuale Basilica di S. Biagio, il territorio di Carditum ebbe maggior sviluppo di Nulleto.
Nollito è una strada che confina da una parte con una via polverosa che porta verso Caivano, nell’altro senso verso Cardito.
Sotto Carlo II, nel 1310, leggiamo i due nomi in un registro, e cioè Cardito e Nollito, segno che quest’ultima ancora non era stata distrutta.
Lo storico Parente ci attesta, dalla cronaca di Cingla, che nell’800 D.C Nollito già esisteva; non possiamo però affermare con esattezza la data di quando fu ceduto Nollito ai Benedettini.
Nel 1904 si affermò che Nollito aveva 400 abitanti e una cappella “Pro-Benedictione”.
Si ritiene che Nollito, quel centro abitato, era detto abbas nullius, mentre Cardito venne definita “terra piena di cardi”.
I benedettini, da noi, ebbero stanza in una vecchia ampia casa, dove nel 1840 fu istituita una trattoria detta del “Giardinello”, ricca di un vasto giardino dove lavoravano i religiosi, che avevano il loro motto: prega e lavora, e chi si sottraeva a tale volontà, o la disprezzava, il principe aveva messo la taglia di 100 libbre d’oro purissimo.
Cardito è stato poi posseduto per secoli, col titolo di Principe dalla famiglia Loffredo. Loffredo acquistò Cardito l’11 giugno 1529, insieme a Mugnano ed al Castello di Monteforte. La famiglia Loffredo fù fra le più importanti di Napoli, per gli altri servizi resi nella Politica.
FONTE: Capasso Gaetano, Cardito ieri e oggi, ed. Rassegna Storica dei Comuni, 1969
Ex Cinema Gioconda
L'ex Cinema Gioconda ha una bella storia alle spalle che ci è stata raccontata dal suo attuale proprietario, De Cesare Vincenzo.
Il signor Vincenzo non è stato l'unico proprietario del Cinema ma in passato fu una proprietà familiare. Alla fine le redini della struttura sono state affidate a lui.
Lui ci racconta l'avvento del cinema a Cardito quando era ancora muto. Inizialmente la sua sede era nel palazzo Mastrilli, situato nella Piazza di Cardito, e per una decina di anni gli spettacoli venivano trasmessi lì. Successivamente fu costruito, nel Vico Crispano, il Cinema Gioconda nato non solo come cinema ma anche come teatro dove ha debuttato nel 1968 Mario Merola con la sceneggiata "Lo zappatore".
Negli anni '30, invece, il cinema vide come ospite anche Totò, venuto a vedere una rassegna teatrale con protagonista una sua allieva.
Durante la guerra, il cinema fu requisito dalle forze alleate, nella struttura vi dormivano anche soldati e per questo iniziarono ad essere proiettate pellicole in lingua francese e inglese.
Un altra caratteristica che contraddistingue l’ex cinema Gioconda dalle odierne sale cinematografiche, era la possibilità di poterci restare anche dopo lo spettacolo, per tutto il tempo che si desiderava. La parte interna superiore della struttura, infatti, era adibita come spazio libero per gli spettatori che tra uno spettacolo e l'altro potevano chiacchierare o fumare una sigaretta.
Gli show venivano trasmessi il sabato, la domenica e il lunedì. L'ultimo show ha avuto luogo nel settembre del 1981, la causa fu la messa in vendita delle televisioni e su di essa la trasmissione di vari canali televisivi, dunque nessuno iniziò ad andarci più e fu chiuso per mancanza di spettatori.
Scuola Marco Polo
Un sito abbandonato ormai da più di un decennio.
A causa di un incidente nel 2012, l'Istituto è stato chiuso e mai più riaperto: durante le lezioni quotidiane, cadde una parte di intonaco e parti di laterizio, ferendo due maestre e due bambini. La scuola fu immediatamente evacuata e successivamente chiusa.
Oggi, nel 2023, versa ancora in condizioni disastrose e nessuno ha fatto nulla per poterla riaprire. Ad oggi rappresenta una forma di degrado per il quartiere, e non solo a causa dell'abbandono della struttura. La vegetazione ha invaso la strada, l'accumulo di rifiuti ha attirato i ratti. Non è per niente una condizione sana, soprattutto per i bambini residenti nella zona che scendono a giocare.
Nel nostro territorio, purtroppo, si sente sempre di più parlare di strutture abbandonate al degrado.
La scelta migliore sarebbe di bonificare l'area, ripulirla e procedere, se non alla riapertura della scuola, ad almeno uno spazio pubblico che venga finalmente sfruttato.
Castello Caracciolo Carafa
La Villa Caracciolo Carafa non denota caratteristiche artistiche, estetiche o architettoniche di particolare rilevanza. Tuttavia, ha ricevuto notorietà nella prima metà del XIX secolo perché proprietà del Barone Petti (da cui è derivata l'iscrizione nella carta del Real Officio Topografico redatta, tra il 1817 ed il 1819, con l'indicazione di "Torre del Barone Petti").
A sostegno del pregio storico è il cespite, che si presenta ad impianto architettonico contraddistinto da linee ed ornati tardo-cinquecenteschi di gusto rinascimentale. La destinazione della dimora impressa dalla famiglia nobiliare è quella della "residenza di campagna", ovvero di centro di raccolta della produzione di derrate agricole arboree e di controllo per l'attività dei coloni. Solo marginalmente è adibita a luogo di svago per i nobili. E' proprio dalla sua principale destinazione che deriva la caratterizzazione architettonica dell'immobile. Infatti, l'edificio è costituito da un corpo centrale quadrato, sovrastante l'androne di ingresso con edifici interni dislocati lungo il perimetro della corte centrale. L'androne d'ingresso s'innalza di parecchi metri al di sopra della restante parte della facciata, quest'ultima è coronata da una originale merlatura sostenuta da archetti pensili. Altri elementi tipici che contraddistinguono la villa sono: un ampio e lineare portale a tutto sesto in piperno; le aperture con archetto a tutto sesto e con sottili timpanetti; e, infine, una balconata dell'avancorpo al primo livello del prospetto oggi trasformato ed adattato ad abitazione civile, in passato era cinto da un profondo fossato, adorno di torri merlate, al cui interno c'era un magnifico parco delimitato da un bosco ricco di piante esotiche.
L'edificio ha ospitato una ricca pinacoteca con tele di Andrea Vaccaro, Luca Giordano, Tintoretto e Salvator Rosa. Nel corso dei secoli, è stato molte volte modificato e restaurato: di rilievo sono stati i lavori eseguiti nel 1761 da Nicola Loffredo. Sono stati i suoi diversi proprietari, da Francesco Sanfelice, duca di Bagnoli, a Biagio Spadaccio e a Luigi Mastrilli della Schiava, a convertirlo in abitazione civile.
Il Castello di Cardito è uno dei luoghi di interesse della provincia di Napoli. La sua fondazione ha origini poco documentate, ma è noto che a partire dal Cinquecento i feudatari Loffredo dimoravano nel castello. Quest’ultimo aveva i tratti tipici di una fortezza, dotato di torri difensive e di un fossato. Nel 1529 venne acquisito da Sigismondo Loffredo che trasformò la proprietà in un palazzo lussuoso che fu modificato per renderlo adatto ad ospitare la residenza dei nobili. Fu inoltre annessa una tenuta e un bosco. Nel 1761 Nicola Maria Loffredo ordinò nuovi lavori di rifacimento che coinvolsero il palazzo e il parco il quale venne ornato da fontane, piante e statue. Queste opere sono ricordate da un'iscrizione in marmo. Nei secoli la proprietà passò ai successori del Marchese di Monteforte, in seguito a Chiara Spadaccino la quale si unì in matrimonio con Luigi Mastrillo della Schiava. Attualmente il castello è sottoposto a rifacimento per renderlo adatto a ospitare gli uffici del comune.
FONTI: Capasso Gaetano, Cardito ieri e oggi, ed. Rassegna Storica dei Comuni, 1969.
Grotte di Cardito
Sapevate che si diramano delle grotte sotto la nostra Cardito?
Tramite fonti, seppur poche, sappiamo che il re di Napoli era solito attraversare le grotte del paese per raggiungere Caserta. Di ciò, ad oggi, non sappiamo altro.
Quel che è certo, è che le grotte venivano utilizzate per la conservazione degli alimenti: la frutta, la carne e, soprattutto, il vino, grazie alla temperatura ottimale dell’ambiente.
C’era un’usanza della nostra realtà contadina dell’epoca, ancora tutt’oggi radicata: quasi ogni famiglia usava trattare l’uva e produrre il vino, non solo per venderlo, ma a volte anche solo per uso familiare.
Negli anni, infatti, si sviluppò in paese un’attività imprenditoriale vinicola, con una buona commercializzazione, praticata da molte famiglie.
Le grotte hanno avuto un'importante funzione anche durante la seconda guerra mondiale: hanno rappresentato per molti cittadini provvidenziale riparo durante le devastanti incursioni aeree.
Ora sono in disuso, non utilizzate, anzi, fonti di preoccupazione. A causa dei crolli del terreno, molte famiglie sono state costrette ad abbandonare le loro case. Seppur rara, è un’emergenza da non sottovalutare per il bene dei cittadini.
Biblioteca di Don Gaetano Capasso
Nato a Cardito l’8 aprile 1927, da Carmine e Giuseppina Gallo, primo di quattro figli, era stato avviato allo studio in seminario dallo zio Gaetano Buonomo, sacerdote.
Nel 1951 dette vita, presso la Casa Editrice Istituto della Stampa, ad una collana di studi filosofici religiosi, fondando con Domenico Auletta una rivista per il clero italiano - XHRISTUS - della quale fu curatore e segretario di redazione per un anno, passando, successivamente, all'Edizione Presbyterium di Padova e Napoli.
Nel settembre del 1952, fu organizzatore del 20° Convegno dei Sacerdoti Scrittori. Nel 1953, fondò la casa editrice e la rivista omonima La Fiaccola. Collaborò anche con la rivista Palestra del Clero e con il settimanale napoletano La Croce. Capasso aveva iniziato il suo apostolato parrocchiale e culturale nelle ACLI nel 1950 (fu assistente ecclesiastico della parrocchia del Sacro Cuore di Cardito). Fu poi cappellano della rettoria della Madonna della Grazie, una piccola chiesa, diventando vice parroco nel 1951 e viceparroco della chiesa di San Biagio nel 1954.
S. E. Teutonico, lo invia come vicario cooperatore, nella Parrocchia di S. Pietro in Caivano, distante qualche chilometro, affidata alle cure di un parroco ultra ottuagenario, dove è assistente della Gioventù Femminile di Azione Cattolica della Acli; riordina l'Azione Cattolica e l'attività catechista, fonda un dopolavoro cristiano (Unione Amici Caivanesi), cercando di far giungere dovunque la parola del sacerdote, in una parrocchia, la cui estensione comprendeva più di 12.000 anime. Istituì a Cardito, accanto alla scuola del catechismo per analfabeti e giovani, un movimento per la diffusione di un periodico settimanale. Con piccole pubblicazioni diffonde la devozione delle anime Sante del Purgatorio. Dal 1954, ha insegnato religione nelle scuole governative di avviamento industriale di Caivano. A Cardito si fece promotore di una scuola materna (sotto la protezione di S. Domenico Savio) nella quale, nel 1955, accolse oltre un centinaio di bambini di umili origini, per educarli e dare loro i primi rudimenti scolastici. Contestualmente, istituì a Cardito una biblioteca religiosa popolare che oggi è a lui intitolata. Dal 1954 docente di religione alle scuole medie di Caivano, il 6 febbraio 1956 il direttore generale delle Accademie e delle Biblioteche lo nominava Ispettore Onorario Bibliografico. Celebratore del "Quotidiano" (ed. napoletana e romana) vi pubblicò articoli interessanti. Dal 1953 fu inviato a dare la sua collaborazione al settimanale politico "Realtà Politica" di Roma, dove pubblicò decine di articoli storici e formativi. Dal 1953 al 1955 collaborò alla rivista napoletana "La Carità e l'Orfanello" fondata a Napoli dal P. Ludovico da Casoria. Nel 1954 fu chiamato alla collaborazione dei quotidiani napoletani, "Il Mattino d'Italia" e il "Mezzogiorno", sulle cui pagine pubblicò decine di articoli letterari e storici, a sfondo apologetico, vivificati sempre da decisi motivi religiosi. Nel 1953 fu chiamato a collaborare alla rivista mensile "Luce Serafica" rivista del Mezzogiorno d'Italia, fondata da S. E. il Vescovo Palatucci, di Campagna. Nel 1957 collaborò anche a "La voce della Madre", periodico del santuario di Pozzano - Castellammare. È stato curatore della Nuova collana di storia napoletana e fondatore della casa editrice Athena mediterranea, specializzata nella pubblicazione di ricerche storiche locali. Si spense a Cardito il 29 giugno 1998.
Studioso di storia patria, è stato autore di numerosi libri sulla città di Afragola, alla quale si sentiva profondamente legato. In onore del suo considerarsi cittadino onorario di Afragola, nel 2008 l'amministrazione comunale ha voluto intitolargli una strada.
In suo ricordo viene assegnato il premio Ad Haustum Doctrinarum riservato a personalità che si siano distinte per la loro attività nel mondo della scuola ed in quello del teatro.
Chiesa di San Vincenzo
A metà della «strada del Belvedere», nella seconda metà dell'800, fioriva la devozione a San Vincenzo Ferreri, patrono dei muratori; e vi fioriva per iniziativa di un forte gruppo di questi operai. Questi ultimi si erano anche raccolti all'ombra di una «Società di mutuo soccorso», che garantiva il diritto al lavoro e sosteneva i vari soci nei loro bisogni. Il prete, che raccolse le esigenze espresse dal gruppo di operai che volevano anche la chiesa, fu un tale don Vincenzo Buonomo, devotissimo a San Vincenzo, anche perché ne portava il nome. Il tempietto vide luce negli anni 1885 -1886. La fondazione è ricordata da una piccola lapide in marmo, che ne riferisce la data 1886.
Nel 1885 era già stata sistemata una campana, nel piccolo campanile, dedicata a san Giuseppe, una seconda campana vi sarà sistemata nel 1922, dedicata alla Madonna di Pompei. La facciata fu completata nel 1888. L'affresco della volta, di proporzioni piuttosto notevoli, è datato 1914 e reca la firma del M.' Luigi Taglialatela che celebra la gloria di san Vincenzo tra angeli osannanti. Inoltre, il trittico in affresco che si osserva sulla facciata è del M. Francesco Caso raffigura un gruppo di angeli osannanti, con al centro il noto miracolo del muratore salvato nella sua caduta; gli angeli in gloria, inoltre, offrono alla lettura il libro sacro, sul quale è scritto: «Temete Dio e date a Lui onore». Opera questa, dell'artista Caso da Caivano, eseguita negli anni '40, andrebbe tecnicamente ripresa in quanto esposta ad ogni forma di intemperie. La tela di San Giuseppe, venerata sull'omonimo altare, è datata 1896 e reca la firma di un prestigioso artista concittadino, il Cav. Luigi Durante, ospite a Cardito per decenni. Del medesimo artista è anche la tela della Madonna di Pompei, datata 1887; ma, nella tela, dietro la Madonna, è stata dipinta anche la figura di San Vincenzo, per rendere viva e presente l'immagine del titolare della chiesa, protettore dei mastri muratori. Ai primi del secolo volgente vi sorse anche una «Pia unione», denominata da San Vincenzo. Diede inizio a questo apostolato il locale rettore, don Alfonso Fusco, un sacerdote che visse in una dignitosa povertà gli anni estremi della sua vita e che, disinteressatamente, spese in questa chiesa ogni cura pastorale per mezzo secolo. Un’antica foto-ricordo, ideata da Biagio Battaglia, datata 1906, presenta, tuttora, accanto alla statua del Santo, il gruppo degli iscritti all'Associazione che ogni anno curavano anche la festa esterna, lungo la «strada del Belvedere», sulla quale guarda la chiesa. L'imponente facciata, ricca anche di un grosso finestrone, con delle composizioni in stucco sul frontone, l'interno della chiesa e l'ampio ornato presbiterio, offrono una notevole ricchezza di stucchi, onore e vanto della secolare scuola carditese degli stuccatori, allora guidata dal M." Nicola Ungaro fu Biagio, un caposcuola nel suo campo. Oggi la chiesa attende di essere restaurata, dopo anni di abbandono nel quale è stata travolta con la morte di Alfonso Fusco, fino ai tristi giorni del sisma del novembre 1980. In questi ultimi anni c'è stata, per questa chiesa, una sentinella, il dott. prof. Biagio Fusco, sindaco anche di Cardito e punto di riferimento nella politica locale; nei momenti grigi ha voluto intervenire, in prima persona, per dare alla chiesetta una mano. Siamo in attesa di un completamento dei lavori di ristrutturazione e che torni, come una volta, ad essere centro di tanta ricca vita devozionale. Infatti, col sisma dell'80, la chiesetta subì danni considerevoli; solo l'impegno del Dott. Fusco, in quel periodo Sindaco del Comune, valse a fronteggiarli, mettendo la Chiesa in condizioni di funzionare, ma dopo il rifacimento provvido del tetto e delle strutture portanti.